Green passion

Immergermi nei fiumi e nei laghi è sempre stata una mia passione.

Snobbati a favore del mare, delle barriere coralline scintillanti e dei coralligeni profondi, sono in realtà ambienti dai quali l’umanità dipende da sempre, importanti sotto diversi aspetti, non ultimo quello della biodiversità che è totalmente minacciata dal nostro impatto, come ho avuto modo di raccontare nel mio vecchio libro “I tesori del fiume“.

Così, puntualmente mi ritrovo, da solo o con amici, in questo o quel corso d’acqua, sulle tracce dell’invasivo lucioperca che difende il nido a bocca spalancata, o dei misteriosi granchi di fiume, o delle famigerate e rarissime lamprede.

A parte la corrente, le lenze abbandonate, i rami, talvolta gli ordigni inesplosi sul fondo, uno dei principali fattori che può risultare da ostacolo per le immersioni in questi ambienti è la temperatura dell’acqua.

In realtà, soprattutto in superficie, in estate non è necessariamente molto fredda, ma è da dire che questa stagione è la peggiore per frequentare fiumi e laghi, perchè l’acqua diventa più torbida a causa delle fioriture di plancton, assumendo un aspetto verde e riducendo notevolmente la visibilità rispetto all’inverno.

Le mute stagne vengono in nostro soccorso, e l’avanzamento nelle caratteristiche strutturali e dei materiali ha fatto sì che oggi si possano fare immersioni fredde e profonde, a lungo, con i dovuti accorgimenti e preparazione, senza soffrire troppo.

Se anni fa andavo anche in queste condizioni con la muta umida, grazie ad un’oggettiva resistenza al freddo e a un po’ di giovanile incoscienza, il regalo di un amico mi aprì la possibilità di vivere più serenamente le mie esperienze, con una muta stagna in neoprene precompresso.

C’erano però delle limitazioni: innanzitutto, la rigidità data dalla cerniera sulle spalle, che mi limitava i movimenti; poi, il collo non fatto su misura, che mi comprimeva la pelle dandomi talvolta nausea a causa della cervicale, anche per la postura; infine, la netta difficoltà a chiuderla in autonomia, se non legandosi a qualche albero, uno svantaggio per chi magari non deve andare con le bombole, ma solo stare 4 ore in una pozza di 1 metro di profondità con la maschera a cercare gamberi, prendendo molto freddo ma senza compagni di avventura.

Per questi motivi, grazie a ESA Worldwide, recentemente ho avuto la fortuna di poter provare una muta Divesystem, azienda leader del settore, e fare il salto di qualità tanto atteso.

Ho scelto una muta in trilaminato, la Solo Expedition, con gomiti e ginocchia rinforzati (utilissimi per i contatti con le rocce nei torrenti piccoli), di colore verde NATO: quella rossa mi attirava molto, ma ho pensato che magari prima o poi farò un appostamento per mammiferi o uccelli in acqua, e dunque rimanere sul mimetico è d’obbligo.

La muta Divesystem Solo Expedition in versione rossa (foto copyright Divesystem)

La prima impressione, al tatto, è stata di un materiale robustissimo, ma estremamente comodo.

Ho ricevuto a casa un dummy per provare la taglia, mentre polsi e collo sono stati realizzati su misura.

Il collo viene realizzato su misura (foto copyright Divesystem)

Quando ho ricevuto (velocemente) la muta a casa, ho chiamato il mio amico Salvatore, che non è un amico qualunque, ma colui che (insieme a Giancarlo) mi ha “iniziato” alle immersioni!

Con loro, nel lontanissimo 2002, mi si è aperto un mondo bellissimo, che è cominciato in Liguria, a Moneglia in un’acqua torbida e turbolenta: io dal canto mio ero impegnato da subito a cercare animaletti, e non mi sono fatto scoraggiare dalle condizioni… forse ho ricevuto l’imprinting del torbido?

Insieme a Salvatore quindi sono andato a Castelveccana, nel sito di Punta Granelli, famosissimo per i subacquei “laghisti” e anche per chi fa esercitazioni di diverso tipo.

E’ una mattinata calma di luglio, senza vento, e il lago appare splendido.

Il lago ci appare perfetto

Scendiamo sulla riva a controllare le condizioni, “il saluto al lago prima di iniziare è doveroso” mi dice Salvatore.

A questo punto torniamo alla macchina e cominciamo a montare tutta l’attrezzatura, scoprendo mio malgrado che uno dei miei due erogatori va in continua, ma per fortuna la regola della ridondanza è solida, e quindi lo smonto e lo sostituisco con un altro in modo da scendere in sicurezza.

Indosso una maglietta tecnica e il cosiddetto “orsetto” in due pezzi che mi è arrivato insieme alla muta: questo mi permette di ridurre la pesata rispetto a quanto facevo prima, perchè il mio nuovo sottomuta Orca Stratos è molto più sottile, facendomi aumentare meno di volume, e tiene però molto caldo, è pile di ottima qualità.

Il sottomuta in due pezzi Orca Stratos (foto copyright Divesystem)

Quando metto la muta, mi rendo conto che non ha niente a che vedere con le esperienze precedenti, perchè è comodissima, potresti indossarla tutto il giorno come un vestito, senza sensazioni di costrizione.

Il collo, realizzato su misura, non mi comprime la gola e quindi non rilevo alcun problema di nausea o dolore cervicale.

La cosa comodissima, poi, è saltarci dentro e potersela chiudere da soli! La cerniera infatti è anteriore, e va dalla spalla sinistra alla vita a destra più o meno.

La doppia cerniera può essere chiusa comodamente in autonomia (foto copyright Divesystem)

Ribadisco nuovamente che questa caratteristica mi sarà molto utile per realizzare lavori solitari in acqua molto fredda ma bassa, senza bombola, perchè non vado mai in immersione da solo in questi ambienti.

Prima di chiudere le cerniere, metto mezzo dito di grasso siliconico sulla chiusura, come indicatomi da Giacomo Guerrieri di Divesystem.

I calzari hanno una buona suola e sono comodi, mi permettono di camminare agevolmente su ciottoli e rocce della riva per poter entrare in acqua.

Indossati pinne, maschera e guanti nell’acqua bassa, apro completamente la valvola di scarico sulla spalla sinistra, e poi faccio mezzo giro indietro.

Prendo la reflex, la accendo e regolo le impostazioni scattando verso il fondo, mentre Salvatore aspetta paziente.

A questo punto iniziamo la discesa su un pendio di sassi che arriva attorno ai 5-6 metri, e ci ritroviamo di fronte a un balzo nel buio.

Scendiamo e intanto io gonfio la stagna con la valvola sul petto per evitare l’effetto ventosa e per trovare l’assetto.

Ci muoviamo con la parete a sinistra, costellata di cozze zebra originarie del Mar Caspio, in un ambiente surreale: la roccia assume forme incredibili, con pieghe, spaccature, parti completamente lisce bianche e parti scavate, torrioni e gradoni.

Sembra di stare in un rendering digitale, un paesaggio scolpito da un sonar, tutto verde, in cui una luce tenue cade dall’alto e si diffonde sulla roccia creando ombre nere ma morbide.

La sagoma di Salvatore in esplorazione con la sua torcia diventa una virgola in un brodo primordiale.

Salvatore esplora le pareti sommerse

Un persico reale, illuminato, si muove in una crepa, mentre un mollusco gasteropode striscia su alcune foglie morte precipitate in un canalone.

Con calma, continuiamo il percorso e scendiamo attorno ai 27 metri, dove la temperatura arriva a 13 gradi: io però, continuando a regolare l’aria nella muta, non sento per niente freddo, neanche in testa grazie al comodissimo cappuccio. Solo, appena appena, lo percepisco sull’avambraccio, cosa che risolverò agevolmente la prossima volta usando una maglietta a manica lunga invece che corta.

Salvatore mi guida nel suo mondo ma il manometro dice che è ora di tornare indietro, e seguendo i gradoni in risalita ci ritroviamo sempre più illuminati dal sole.

Qui la vegetazione acquatica è esuberante, una foresta sommersa piena di vita, in cui ci perdiamo alla ricerca di animaletti.

In acqua bassa è un tripudio di vita

Ritornati alla catena che segna il punto di ingresso, sbirciamo tra le pietre, ammirando sia la cagnetta (cioè la bavosa di lago) sia il ghiozzo padano. Ho il grandangolo montato, non ideale per soggetti così piccoli, ma faccio giusto due foto ricordo in attesa passino i tre minuti della sosta di sicurezza.

La cagnetta

Alla fine usciamo, soddisfatti e contenti come bambini, mentre fuori il meteo è cambiato e si vede un temporale in arrivo da sud, che ci darà giusto il tempo di cambiarci.

La nostra green passion, la passione verde per il lago, ci ha portato oggi ad essere due minuscoli puntini in un bacino d’acqua immenso, ancora pieno di cose da scoprire.

Io dal canto mio, oltre a rivedere un amico e condividere una bella giornata, ho potuto provare la nuova muta, e devo dire che immergersi in acque fredde non è mai stato così comodo.

Marco Colombo

www.calosoma.it

(foto di Salvatore Ricciardo)

2 Comments

  1. Prendo la reflex, la accendo e regolo…

    detta così, sembra che tu l’abbia portata sotto senza guscio XD
    A parte gli scherzi, mi piace un sacco leggere delle tue avventure in posti così poco esotici, dove sopra, magari, pescano i pescatori e sonnecchiano i merenderos

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